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Grazia Deledda tra cinema e televisione

Nei due  incontri che si sono svolti all’Università della Terza Età di Isili, abbiamo condiviso il tema sui rapporti intercorsi tra la narrativa di Grazia Deledda e il mondo del cinema e successivamente quelli intercorsi con l’ambiente della televisione.

 Per quanto riguarda i rapporti tra la narrativa deleddiana e il mondo del cinema sono diversi gli aspetti che vanno tenuti presenti,proviamo ad elencarli alcuni.

 Il primo è senza dubbio conoscere il contesto storico e culturale nel quale questi rapporti nascono e maturano.

 Siamo ai primi del Novecento e il cinema sta muovendo i primi passi sia tecnicamente che culturalmente e la neonata industria cinematografica senza manifestare il minimo complesso di inferiorità, si avvicina alla letteratura come ad un  strumento di promozione culturale indispensabile per avvicinare  ad essa e alla fruizione dei film il pubblico borghese, essendo sino ad allora il cinema, poco più che uno spettacolo popolare da baraccone.

In quegli anni saranno tantissime le opere letterarie tradotte per il cinema, tra il 1908 e il 1923 ci saranno sette versioni dei I Promessi Sposi, seguono per interesse le opere di Gabriele D’Annunzio, quelle di Carolina Invernizio e quelle degli scrittori veristi, Capuana, Verga, Bracco e altri

 Il secondo aspetto importante e da tenere in considerazione è che gli scrittori  e gli intellettuali guardano con diffidenza al nuovo medium,alcuni se ne vergognano ma in realtà vi collaborano sotto pseudonimi, scrivendo soggetti e cedendo i diritti delle loro opere perché il cinema paga molto bene e offre guadagni insperati rispetto all’editoria.

Le riviste dell’epoca promuovono sondaggi interviste per capire le tendenze degli scrittori,

Nel 1913  Grazia Deledda risponde ad una di esse e dice “ credo che il cinematografo,perfezionato a manifestazione d’arte rappresentativa possa crearsi un degno avvenire. Per conto mio non ho nulla in contrario per lasciar ridurre qualche mio lavoro la conoscenza dei paesaggi e dei costumi sardi verso i continentali è ancora così lontana dal vero”

Ben presto la giovane scrittrice stenderà anch’essa soggetti per il cinema e venderà i diritti delle sue opere, la prima ad essere tradotta sarà Cenere nel 1916,con interprete e coautrice Eleonora Duse. Seguirà nel 1929 il film La Grazia con la regia di Aldo De Benedetti tratto dalla novella Di notte.

 Poi per un lungo periodo la narrativa deleddiana sarà dimenticata , tornerà di interesse alla fine degli anni quaranta e ai primi degli anni cinquanta, in un contesto molto particolare il dopoguerra e la nascita del cinema neorealista che va alla scoperta di un intero popolo e di un paese sconosciuto che punta ad abbracciare il territorio italiano nella sua massima estensione per raccontarlo e rappresentarlo sugli schermi finalmente liberi dalla censura del fascismo.

La narrativa di Grazia Deledda sarà il tramite privilegiato per raccontare la Sardegna, in essa si potevano trovare, secondo gli sceneggiatori e i registi,  tutti gli aspetti pubblici e privati della società sarda.

Nel  1947 esce sugli schermi Le vie del peccato di Giorgio Pastina il soggetto è tratto dalla novella Dramma compresa nella raccolta Il fanciullo nascosto, seguono nel 1950 L’edera di Augusto Genina, che non ottiene grande successo e viene rimontato e ridistribuito con un nuovo titolo Delitto per amore.

Nel 1953 Amore rosso di Aldo Vergano tratto dal romanzo Marianna Sirca, nel 1955 Proibito con la regia di Mario Monicelli tratto dal romanzo La madre e con apporti da altri romanzi quali Colombi e Sparvieri e Elias Portolu.

La critica nei maggiori quotidiani sardi  espresse molte riserve su queste traduzioni.

Nel 1989 ancora un film deleddiano Il segreto dell’uomo solitario di Ernesto Giuda, tratto dal romanzo omonimo del 1921, racconta una vicenda familiare  in chiave psicoanalitica, diversa dalle precedenti vicende narrate nei film e nei rispettivi romanzi legate maggiormente ad un contesto arcaico oppressivo di una civiltà contadina patriarcale e feudale.

 A sorpresa nel 1993 una giovane regista sarda  Maria Teresa Camoglio dirige …Con amore Fabia una produzione straniera, tedesca, per realizzare un affresco che racconta la formazione di una giovane artista sarda, utilizzando la traccia del romanzo postumo Cosima quasi Grazia il più autobiografico della Deledda. Si chiude ad oggi con questo film l’interesse del mondo del cinema per la narrativa deleddiana.

 

 Altro contesto quello dei rapporti tra la narrativa di Grazia Deledda  e l’industria della televisione che al suo nascere in Italia nei primi anni cinquanta, crea un genere il romanzo sceneggiato  o teleromanzo che attinge i soggetti dalla tradizione letteraria dell’Ottocento e  dei primi del Novecento.

Il teleromanzo avrà la sua peculiarità nell’essere diviso in puntate, ciò gli permette di disporre di parecchie ore di programmazione favorendo così una aderenza al testo letterario.

Il nuovo genere riscuote un grande di pubblico diventando per molti decenni il simbolo del progetto culturale umanistico e cattolico della nascente televisione ma soprattutto uno strumento di educazione ,una scuola parallela che doveva divulgare  e fare conoscere i classici della letteratura a un pubblico in gran parte quasi analfabeta.

 Dal 1958 con Canne al vento regia di Mari Landi inizia la serie degli sceneggiati, che prosegue nel 1965 con Marianna Sirca regia di Guglielmo Morandi con una giovanissima Lea Massari.

Nel 1974 una bellissima traduzione del romanzo L’edera con la regia di Giuseppa Fina , le riprese esterne ad Orgosolo e un cast di grandi attori , Ugo Pagliai, Fosco Giachetti, Carlo Ninchi e Nicoletta Rizzi nel ruolo di Annesa, chiude la serie Il cinghialetto nel 1981.

Prof.ssa Alessandra Piras

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