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I soldati di Salamina

1Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

2E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.

3E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

4La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, 5non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,6non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.7Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 8La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. 9La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. 10Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.

 

Questo è il passo della Lettera ai Corinzi (13, 1 – 10)  cui si faceva riferimento mercoledì scorso. Si parlava del protagonista della terza parte del romanzo “I Soldati di Salamina”, Millares, eroe sconosciuto della guerra civile spagnola. Furono in tanti e nessuno li ricorda più, come i soldati di Salamina. L’autore non fa di Millares un santino di cui tutta la narrazione si riduce alla solita frase stereotipata “beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”, passata nel tritacarne della “controinformazione”,  fino a ridurre la parola eroe a figura sospetta ed ambigua, uno spaccone truculento e un po’ suonato, ne fa un’altra cosa.

Il romanzo post moderno, almeno questo, rivaluta la figura dell’eroe e lo fa a modo suo. E’ un modo che mi piace: un eroe che si compiacesse di essere tale o solamente arrivasse alla celebrità, smetterebbe di esserlo diventando uno Stakanov sovietico o un supereroe Ollywoodiano. Se usciamo dallo schema delle guerre, a cui la battaglia di Salamina inevitabilmente ci riporta, quando soprattutto sono civili, e ci trasferiamo nella “fatica di vivere”, l’eroe ci sfuggirà sempre, non lo incontreremo mai.

Il concetto appena espresso può apparire strampalato e poco attinente al tema del nostro incontro settimanale ma, se ci pensate, in guerra ci siamo tutti, da appena ci affacciamo al mondo. In genere gli “eroi” della vita quotidiana li chiamiamo santi e non sono molti, vero? Ora, se l’avete già fatto, rileggetevi San Paolo e vi renderete conto che la quintessenza della santità è proprio la carità. E adesso contiamoli, i nostri santi.

 

Elio

 

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